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La notte calo lenta e fredda sulla foresta intorno a lui, e scese una quiete spettrale. Come se qualcosa stesse per accadere, grilli e uccelli notturni tacquero spaventati. Lui accelero il passo. Nel buio ormai completato si ritrovo smarrito in una foresta paludosa, si dibatte nei pantani risucchianti e si mise quasi a correre [...]. Quando piombo fragorosamente nella radura in mezzo al pioppeto, cadde lungo disteso e rimase per terra con la guancia appoggiata al suolo. E mentre giaceva cosi un lampo remoto percorse il cielo con la sua luce azzurra, e, in una primordiale visione del mondo dall'occhio fessurato di un embrione d'uccello, scorrendo atroce e istantaneo da buio a buio, gli regalo infine lo spettacolo della cavita e dell'informe plasma bianco che si dibatteva sul muschio rigoglioso e iniziatico, come una magra lepre di palude. Lo avrebbe preso per un fratello senz'ossa della paura stessa che si sentiva in cuore, se il bambino non avesse gridato. Il bambino urlava la sua maledizione al mondo tenebroso e maleodorante in cui era nato, piangendo e piangendo, mentre l'uomo giaceva a terra farfugliando con le mascelle paralizzate, e con le mani respingeva la notte come un folle paracleto assediato dalle suppliche dell'intero limbo.