Daniel C. Dennett, un filosofo della Tufts University che ne sa sia di neuroscienze che di informatica, sostiene che la coscienza stessa ha un aspetto essenzialmente narrativo, radicato nell'evoluzione biologica del cervello. Non ho la competenza per riassumere le argomentazioni di Dennett, ma vengo persuaso d'acchito dalle sue conclusioni - perlomeno se considerate come una narrazione esplicativa. Egli concepisce la coscienza essenzialmente come <>; concepisce il se come un come se, un <> - in breve, una fantastica e incessante narrazione. <>, afferma il professor Dennett - storie che rivediamo e rettifichiamo in continuazione e che in continuazione rivedono e rettificano noi stessi. A questo punto vi chiedo: il meditare su domande del genere ha mai reso chicchessia uno scrittore migliore? Non sarebbe piu saggio se un narratore meditasse sulla casistica dell'amore, sui particolari di un tramonto, o magari sulle vicissitudini della nave spaziale U.S.S. Enterprise? Forse si, forse no. Ma nel porci domande del genere, come nel creare di continuo situazioni ipotetiche, facciamo quello che ci viene naturale - che forse viene piu naturale ad alcune persone che ad altre.